Da anni Alex Giona è uno dei nomi di riferimento dello spettacolo equestre europeo e insieme alla sua famiglia, che è famiglia e squadra allo stesso tempo, gira l’Europa con numeri che spaziano dal volteggio cosacco al lavoro in libertà.
Al centro di tutto per loro – prima di scenografie e applausi – ci sono i cavalli.
Con Alex abbiamo parlato di benessere, gestione in viaggio, alimentazione e del rapporto, molto concreto, con il mondo dei circhi e con il pubblico.
Ci ha fatto tanto, tanto piacere ritrovare nelle sue parole gli stessi concetti, identici, seguiti e insegnati da molti ottimi veterinari, e da uomini (e donne) di cavalli veri: perché il Cavallo è sempre lo stesso, sia che faccia sport o spettacolo piuttosto che passeggiate, e monta da lavoro.
Vorrei partire da un tema che sembra “un po’ diverso”, ma che in realtà è centrale in tutto quello che fate: il benessere dei cavalli nello spettacolo equestre. Come li curate, cosa cambia rispetto a un cavallo “normale”? E quali sono le attenzioni particolari quando siete in tournée?
«È una domanda difficile e semplicissima allo stesso tempo. Per noi – per me e per la mia famiglia, poi ognuno ha i suoi metodi – la base è l’esperienza: guardare un cavallo e capire dal suo atteggiamento come si è svegliato, come sta, se ha un piccolo problema, un dolorino. Questo ‘occhio’ particolare purtroppo (o per fortuna) lo acquisisci con gli anni. Ai miei figli a volte dico: “Ma non vedi che quel cavallo è sfiancato? Guarda lì!”, si vede che il cavallo ha sete, a volte i beverini non funzionano. Loro magari non lo notano, perché ci vuole esperienza. Oppure vedo il cavallo che ha freddo: c’è aria, il pelo si raddrizza un po’, le orecchie cambiano… e già mi faccio delle domande. Fa parte del nostro lavoro: guardare il cavallo e leggere la sua espressione. È come una persona: è un rapporto personale quello che si instaura con lui. Devi sempre ragionare con questa psicologia: “Secondo te, per lui, mettersi a lavorare cinque ore com’è? Se lo facessi io, come mi sentirei?”. E quindi non lo fai lavorare cinque ore. Un esempio semplice, a volte si vedono cavalli sudati, schiumanti: non è corretto, se sei un professionista devi essere capace di impostare il lavoro in modo che il tuo cavallo non arrivi a sudare in maniera eccessiva».

Quindi la parola chiave è immedesimarsi?
«Esatto, immedesimarsi. Deve esserci un rispetto reciproco: quando è ora di lavorare, si lavora. Ma se il cavallo apprende nel modo giusto, non serve esagerare. E poi per noi è fondamentale tutto quello che riguarda gli spostamenti, perché i nostri cavalli viaggiano molto. In viaggio devono stare comodi: il posto sul van deve essere largo, confortevole. Una cosa che sembra banale ma non lo è affatto: chi guida il camion. Con i nostri cavalli guida sempre uno di noi, io o mio fratello Pier: non facciamo mai fare il trasporto ad altri, perché sappiamo quanto può cambiare un viaggio a seconda di come si guida. Vedo gente che parte con il trailer a 100 all’ora… e non si rende conto che dietro c’è un cavallo che deve rimanere in equilibrio sulle sue quattro gambe. Povera bestia! E poi devono poter mangiare e bere durante il viaggio: arrivare bene è tutto».
I vostri viaggi sono spesso molto lunghi, girate tutta l’Europa.
«Sì. Ad esempio: lunedì (ieri per chi legge, n.d.r.) partiamo per Stoccarda, sono circa 700 km. La settimana dopo Diego va ad Amsterdam: 1400 km. Facciamo delle soste, certo. Ma abbiamo camion attrezzati con mangiatoie: il cavallo viaggia come in una posta, non proprio come in un box ma in qualcosa di molto simile. E invece di farli viaggiare in 70 centimetri li faccio viaggiare in 90: più spazio, più libertà di movimento. Questi accorgimenti sono fondamentali per avere i cavalli pronti a dare il meglio di sé sul lavoro».
Ecco, il lavoro: come si svolge la loro preparazione?
«E’ fondamentale non stressarli psicologicamente tutti i giorni con la stessa cosa, è importantissimo. Sempre alterno giorni di lavoro più intenso a giorni di relax, in cui possono mangiare in un paddock, o stare in maneggio a giocare con altri cavalli (compatibilmente con il rispetto delle gerarchie interne al loro gruppo)».

E l’alimentazione?
«Deve essere semplice, basica: non esagerare con i mangimi, così la digestione rimane regolare e riduci il rischio di coliche. I cavalli ne soffrono molto. Ai nostri cavalli ina lavoro diamo principalmente erba medica. Per anni c’è stata diffidenza verso questo tipo di foraggio, ma adesso tanti studi – professori, veterinari americani – hanno dimostrato che l’erba medica contiene enzimi particolari che aiutano la digestione invece di favorire coliche o laminiti. Io l’ho sempre usata: i miei cavalli mangiano quasi solo medica».
Bisogna abituarli gradualmente alla medica?
«Sì, certo, sempre ogni cambiamento deve essere fatto gradualmente. Ma una volta trovato l’equilibrio,praticamente non diamo mangime. Con cavalli che lavorano in libertà il mangime li “carica” troppo. Abbiamo trovato una formula nostra: a volte aggiungiamo integratori mescolati alla crusca, che è rinfrescante e ricca di fibra. Oppure usiamo la polpa di barbabietola estrusa: la mettiamo a bagno e la utilizziamo soprattutto d’inverno. Adesso andiamo un mese in un circo in Germania: lì non sempre trovi erba medica, quindi usiamo fieno e più polpa di barbabietola, che è ricca di zuccheri. Mischiata con la crusca è molto appetibile, i cavalli la adorano. E la cosa importante è che li fa stare bene fisicamente e mentalmente: non li “accende” troppo, rimangono equilibrati».
Un altro punto cruciale per uno spettacolo come il vostro è la scelta dei soggetti protagonisti. Come si individuano i cavalli “giusti”?
«Non siamo maghi: a volte sbagliamo anche noi. Riprovi, aspetti, cambi idea. E poi ci sono i compromessi: ti affezioni a un cavallo e magari capisci che non è adatto al volteggio, allora lo sposti al lavoro in libertà. O viceversa. È bello però, perché da queste scelte viene fuori il rapporto umano con loro. Pensa a un Frisone di Giulia: cinque anni, un cavallo intero bellissimo ma estremamente “libidinoso”. L’abbiamo castrato quattro-cinque mesi fa: è diventato una pecorella. Giulia partirà per un mese in un circo in Germania e poi tre mesi a Budapest, e allora abbiamo deciso di preparare questo cavallo “di scorta”, per alternare il lavoro con un altro soggetto più esperto. In quindici giorni ha imparato tutto: ieri sera, con mio figlio, guardavamo il lavoro e dicevamo: “Ti ricordi che sembrava un leone, non si riusciva neppure a prendergli i piedi?”. Ora è lì, accanto agli altri, tranquillissimo. La castrazione può cambiare moltissimo un cavallo: a volte migliora, altre peggiora, alcuni diventano ombrosi, paurosi. In questo caso particolare è stata una manna: si è trasformato, si concentra, lavora benissimo».
Torniamo per un attimo a Verona: com’è andata Fieracavalli quest’anno, dal vostro punto di vista?
«Secondo me molto bene. Io non ho mai visto così tanto pubblico. Giovedì sembrava un sabato, il sabato non si passava proprio. La domenica è stata un po’ più fluida, ma gli altri giorni… impressionanti. E poi c’era bel tempo: fiumi di gente anche fuori. Mi ha fatto molto piacere vedere tanto pubblico anche al Galà, perché non è sempre stato così. Aggiungo una nota a cui tengo molto: il piacere per il successo del gala è stato ancora più grande perché tutti gli artisti parlavano italiano. Sarò patriottico, ma è un aspetto che creo valga la pena sottolineare».
Anche noi abbiamo avuto l’impressione di un bel salto in avanti. Secondo lei cosa ha funzionato?
«E’ lo spettacolo che funziona, ed essendo questo il mio campo ovviamente mi rende felice: per me lo spettacolo avrà un grande futuro. Ad esempio, il padiglione delle razze italiane non è più solo presentazione della razza: è spettacolo. Anche l’area esterna, dove c’è Riccardo Di Giovanni, è declinata in questa chiave. E poi il Padiglione Iberico, dove lo spettacolo di Giuseppe Cimarosa con Gessica Notaro ha avuto grande riscontro. Perché è una formula che funziona: affascina chi è competente e chi non lo è. La gente vuole emozionarsi e divertirsi».
Voi lavorate in mezzo mondo con i vostri cavalli: come funziona la tutela del benessere degli animali all’estero?
«All’estero esiste il famoso “Paragrafo 11”*: se vuoi lavorare con gli animali nello spettacolo, devi avere referenze e un certo curriculum. Noi quest’anno andremo a lavorare in tre circhi: io e Giulia in Germania, Diego in Olanda. Prima di autorizzare il circo a farci lavorare con i cavalli, ci hanno chiesto tutti i curricula, il mio e quelli di ogni membro della nostra famiglia».
In Italia i circhi sono spesso sotto attacco. Come vivete questa situazione?
«Qui è diventata una questione politica. C’è un movimento che ha trovato negli animali il suo cavallo di battaglia: campagne contro i circhi, contro chi lavora con gli animali, appelli a non andare agli spettacoli. A Viareggio, ad esempio, quest’anno abbiamo fatto lo spettacolo alla Cittadella del Carnevale: io non ero mai stato da quelle parti, siamo stati aggrediti sui social in modo pesante. Per fortuna la prima sera sono venuti a vedere lo spettacolo diversi rappresentanti dell’USL locale: sono rimasti affascinati e hanno risposto loro a queste persone, zittendole. E poi ci sono i “leoni da tastiera”: dal divano non si muovono, però col telefono in mano fanno una gran confusione».
Nonostante tutto guardate avanti. Ci date una “news” sui vostri prossimi progetti?
«Molto volentieri: il prossimo anno apriremo il Carnevale di Viareggio con i nostri cavalli, il 2 febbraio faremo l’apertura ufficiale alla Cittadella del Carnevale. Poi abbiamo vari progetti e idee per agosto, ci stiamo ragionando. Ma una cosa ve la prometto: quando avremo novità, sarete i primi a saperlo».
Il “Paragrafo 11” nel contesto delle competizioni equestri si riferisce solitamente al certificato di idoneità ai sensi dell’Articolo 11 della Legge sul Benessere degli Animali (TSchG). Questo certificato è richiesto per l’allevamento e l’utilizzo commerciale di cavalli, come maneggi, pensioni o terapie assistite dagli animali, e può essere ottenuto superando un esame al termine di un corso di formazione. Il corso fornisce conoscenze teoriche e pratiche sull’allevamento, l’alimentazione, la salute e la gestione sicura dei cavalli, essenziali per la protezione degli animali nelle attività commerciali. In sintesi, il “paragrafo 11” si riferisce al certificato di idoneità per la custodia di cavalli a fini commerciali, che può essere importante anche per gli organizzatori di spettacoli equestri. Questo garantisce che gli animali siano trattati in modo sicuro e appropriato durante lo spettacolo.
Tutte le foto sono Ennevi Veronafiere

























